martedì 30 ottobre 2012

Mancanze.

Ci sono giornate in cui ti svegli già stanca. Una stanchezza che sai che non potrai lenire con una tazza di caffè. Quelle giornate che cominciano con i ricordi. Cerchi di spazzarli via tentando di schiacciarli con buoni propositi, ma la loro consistenza non te lo permette.
Ci sono giornate che iniziano con "mancanze" che sai che non potrai attutire, quelle giornate che sai già che dovranno trascorrere in questo modo nonostante tu possa provare a fargli cambiare direzione, nel silenzio di una stanza che a te a tratti sembrerà troppo rumorosa, come se fosse scattato un allarme assordante che non vuol cessare. Le mensole in ordine eppure così disordinate. Una scrivania troppo piena che invece ti sembrerà vuota. E te, che stai lì a contemplare tutto questo. Rivolgi lo sguardo verso la finestra quando tra una nuvola e l'altra c'è spazio per un timido raggio di sole, ma non riscalda e dura poco. Anche il tempo si prende gioco di te. Cominci a non tollerare il tintinnio delle lancette dell'orologio che ti ricorda che intanto i minuti passano e tu ti trovi ancora lì su quella sedia, in uno spazio che è tuo e non ti rendi conto nemmeno perchè. Quando lo è diventato? Lo hai scelto? Chi eri quando lo hai scelto?Lo senti ancora tuo?
Ci sono quelle giornate in cui speri che le lancette corrano più veloci del solito. Quelle giornate in cui speri che tutti quei ricordi e quelle mancanze che hai avvertito non ti seguano anche durante la notte per poi risvegliarti il giorno successivo con la stessa massa di pensieri che come nodi desideri sciogliere uno ad uno ma in realtà non sai nemmeno da dove cominciare. Da dove comincio. Non lo so. Non so da dove cominciare. So finire, ma non so cominciare. Le cose le inizio in maniera sempre caotica, poi col tempo prendono una giusta piega, ma dura poco, sempre troppo poco, il tempo sufficiente per poi dire basta.
Quelle giornate in cui pensi alle persone che sono andate via, una dopo l'altra, lasciando un segno solo per te, mentre per loro la vita scorre anche senza la tua presenza. E vorresti dirgli solo "Vaffanculo, chi sono stata io per te?". A tutti, nessuno escluso. Però è tardi, non lo puoi più fare. Lo faresti soltanto per toglierti un peso dalla coscienza, non avrebbe senso, perchè in fondo quando hai cominciato, nella tua maniera caotica ed eccessivamente impulsiva, sapevi anche tu sarebbe finita così, e che forse cominciare non avrebbe avuto senso. Sapevi già che sarebbe finita nel suo silenzio e nel tuo rumore, che solo tu sei però in grado di ascoltare. Perchè le persone sono come i treni. Vanno e vengono in continuazione. A volte riuscirai a trovare la giusta concidenza, salirai su quel treno spesso troppo affollato da non riuscirti a sedere se non quando qualcuno dovrà scendere alla fermata successiva. Ma al capolinea dovrai scendere e proseguire a piedi. A volte sarai in stazione per ore, alla ricerca della giusta coincidenza, senza mai trovarla. Senti una voce che continua a ripetere che il treno è in ritardo e che si scusano per il disagio. Forse conviene trovare un'alternativa. Quel treno forse non arriverà mai. O quando arriverà sarà così affollato da farti perdere il respiro e pensare che forse sarebbe stato meglio non salirci. A volte le coincidenze giuste le perdi. Il treno parte senza di te. Con tutto il fiato che hai dentro cercherai di raggiungerlo, ma forse non ci riuscirai. L'hai perso e chi sa quanto altro tempo dovrai aspettare per ritrovarlo. Forse il successivo, o forse non più.
Sono quelle giornate in cui cosa vuoi ti è più chiaro, ma non riesci a prendertelo. Non puoi gridare perchè non riusciresti forse ad emettere alcun suono. Quelle giornate in cui ti senti in colpa e non sai perchè. Quelle giornate in cui senti le gambe in delle sabbie mobili e desideri che qualcuno o qualcosa ti siuti ad uscirne. Quelle giornate in cui vorresti parlargli e dirgli che ti dispiace. Quelle giornate in cui vorresti avere spiegazioni. Quelle giornate in cui vorresti capire in cosa hai sbagliato. Quelle giornate in cui hai paura di aver rovinato tutto. Quelle giornate in cui mentre scrivi ti senti un'illusa e pensi di non volerlo fare più.

Nessun commento:

Posta un commento