domenica 3 marzo 2013

Solo tre domande.

Per i miei genitori la domenica è il giorno del Signore, è il giorno in cui il pranzo non comincia se non dopo aver fatto la preghiera, ed io allora per far contenti i miei cattolicissimi genitori mi faccio anche il segno della croce, ma ogni tanto faccio presente che quel rituale in fondo non lo sento pienamente, che per me è in fondo una pura formalità di cui poter fare a meno perchè non ha senso recitare una preghiera per poi proseguire il pranzo in silenzio o, a limite, pur di colmarlo, dando voce ad inutili battibecchi e frasi polemiche che dopo qualche minuto sfociano sempre in quel silenzio che poco sa di rassicurante, molto più di incapacità di volersi conoscere attraverso il confronto. Preferirei che si iniziasse il pranzo con domande del tipo: "Come ti senti oggi?Hai dormito bene?Nella tua vita cosa vuoi fare?" e non perchè io muoia dal desiderio di dare risposte a questi interrogativi, perchè probabilmente risponderei che in fondo mi sento come un fiore che non riesce a sbocciare nonostante la primavera sia alle porte, che dormo a fatica e mi risveglio stanca, che nella mia vita sono riuscita a dare un quadro definito di ciò che non voglio fare, che ciò che desidero fare per definire chi in fondo voglio diventare forse lo so, ma non lo riesco a pronunciare, come se avessi la bocca piena facendone di questo il mio alibi, o probabilmente perchè tra i discorsi dell'uno e poi dell'altro sento che il mio turno deve ancora attendere. Non muoio dalla voglia di rispondere, ma muoio dalla voglia che qualcuno queste domande me le rivolga lo stesso, perchè ho un tremendo difetto: esprimermi a singhiozzo, approfittare di domande per cacciare tutto fuori, come un boccone amaro difficile da digerire. Ma per molte persone che ignorano questo dettaglio, io forse appaio come una persona che poco dice di sé, una che tende a mettere paletti con chiunque e ovunque si trovi, che riesce a trascinare in pochi dentro il suo mondo, la maggior parte ne restano esclusi. In realtà vorrei dire tanto, i paletti li brucerei, farei entrare chiunque ne mostrasse il benché minimo desiderio se solo mi chiedesse di farlo, se solo me lo dimostrasse.
Ma oggi era domenica e c'era il rituale della preghiera, domani sarà lunedì e non ci sarà tempo, ricomincerà una nuova settimana e chiunque pranzerà ad un orario differente e sarà complicato riunirsi, chiunque riprenderà le proprie vite ritagliandoti uno spazio nei momenti di pausa con l'orologio alla mano.
Non è che non sopporti il recitare una preghiera prima di iniziare il pranzo domenicale, questa è semplicemente una metafora di quello che spesso accade nella mia vita, ma sono le formalità non sentite che mi affaticano, il trovarmi in contesti io cui non mi senta me stessa, in cui però mi sento costretta ad entrare per buon senso nonostante un senso non ce lo veda, nonostante non ci veda niente di buono ad esser presente con il corpo lasciando lo spirito piegato in dei cassetti a far compagnia alla tua biancheria intima, la propensione a rispettare sempre gli altri bistrattando me stessa rivelandosi in dei momenti un'indicibile tortura. Non credo che sia possibile abbattere le formalità, ma sono oramai stanca del tempo che mi viene detratto, preferirei di gran lunga un compromesso che non mi veda unica preda passiva degli eventi. Allora reciterò la preghiera la domenica, ascolterò i vostri problemi e sarò anche disposta ad aiutarvi, sarò spettatrice delle vostre formalità pur non calandomi in esse completamente, in cambio vorrei che mi rivolgeste solo tre domande: "Come ti senti oggi, come hai dormito, cosa vuoi fare nella tua vita?"

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