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lunedì 31 marzo 2014

Perchè è bello essere terroni.


Qualche anno fa mi è stata rivolta un'insolita domanda. Sapete quelle domande che vorresti non ti venissero mai rivolte, e non perchè non vuoi svelare quale sia la verità, ma perchè oltre ad ignorare la risposta, ignori il senso della domanda stessa. Lei, che antepone gli articoli determinativi ai nomi propri di persona, mi fa: "Io ed il mio ragazzo andremo in vacanza a Napoli quest'estate, e gireremo per tutta la costiera", ed è lì che mi aspettavo una domanda su quali sarebbero state le immancabili tappe, quando invece se ne è sopraggiunta un'altra: "Volevo chiederti, ma posso indossare l'orologio?Cioè, posso o c'è il rischio che me lo rubino?"
Alquanto imbarazzata e con il volto dell'umiliazione, nonostante avrebbe dovuto sentircisi lei, le ho risposto nella maniera più diplomatica possibile dicendole che avrebbe potuto tranquillamente indossarlo, con la solita attenzione che ognuno impiegherebbe per ogni oggetto di valore che indossa quando si è in giro in una grande città piena zeppa di turisti. Avrei voluto propinarle una battuta, ma probabilmente l'avrebbe presa troppo sul serio, da una che ti fa domande del genere pur avendoti in altre occasioni a stento salutato, cosa ti aspetti? Ma sicuramente questa è in cima alla mia TopTen delle domande alla-cazzo-di-cane, prima del "Quando ti laurei?" e "Cosa fai a Capodanno?"
E presumo che abbia cominciato forse in quel momento a spargere i semi della mia misantropia, tendente per lo più ad una misoginia arrivata probabilmente ad uno stato di metastasi, insomma, ad un punto di non ritorno. Sono nata a Napoli, e non me ne sono mai vantata, fin quando ho cominciato a girare per l'Europa. Quando mi presentavo e tuttora mi presento ad estranei la prima parola che mi viene detta è camorra. La seconda è pizza. La terza è Berlusconi, il che mi fa sentire meno in colpa, perchè è come se si parlasse di un'idiozia tutta all'italiana, non soltanto del Sud. Qualcuno mi ha anche detto che dalle sue parti si dice che a Napoli si gettano i mobili inutilizzati dalla finestra, simpaticamente gli ho risposto che forse si riferiva alla defenestrazione di Praga. Lui mi ha guardato perplesso, forse a scuola non ne ha mai sentito parlare, o forse, non ci è nemmeno mai stato. Oggi, lontana dalla mia città, capisco il senso dell'appartenenza, quello che scorre nel tuo sangue e ti rende parte di un luogo geografico nonostante sia andata via. Ed oggi capisco la bellezza dell'essere terrona, il senso di protezione che devo alla mia terra, malandata e disgraziata, ma pur sempre la mia, che forse non darà alcunchè al mio futuro, ma un sorriso quando solo ne sento parlare.

Ma che significa essere terrone?

Dimostrazioni.
Il terrone che sbarca in terra straniera - ove per straniera reputo, a questo punto, anche il Veneto autoproclamatosi illegittimamente indipendente per una spinta egocentrista - deve dimostrare subito una cosa: essere una brava persona, anche se pronuncia le "e" aperte. Perchè c'è questo luogo comune dell'essere imbroglione, di chi, quando può, fotte. Non vi do tutti i torti. Ma c'è questa innata sensazione dentro di me, come se volessi dire: "Mi chiamo Antonia, sono del Sud, e sono stata educata, come voi, se non di più", che non se ne va. Dimostrare di valere il doppio. Non ci viene posta nessuna richiesta esplicita. Ma è un po' come se ce la sentissimo addosso, come un olezzo pungente, un po' per smorzare anche luoghi comuni.

Nonni.
Il terrone ha presumibilmente nonni terroni. La nonna del Sud, non prendiamoci in giro, non è come la nonna di Milano. La nonna terrona ti sveglierà con la tazza di latte ed il caffè ancora bollente sul tavolo con la domanda "cosa vuoi per pranzo?" nonostante siano ancora le otto del mattino. Il non avere appetito equivale al non stare bene. E non importa se dopo un'abbondante piatto di pasta nel tuo stomaco c'è spazio solo per una polpetta e non per le tre grosse che ti aveva conservato, se non le mangi tutte non stai bene, hai bisogno di farti delle analisi. C'è mia nonna materna che prepara le sue famosissime melanzane sott'olio, più che sotto l'olio vi sprofondano sulla superficie del contenitore come piombo su un fondale marino. Quando mia sorella le dice di essere a dieta, lei quasi irritata le dice: "Ma tanto è verdura". Ed in fondo ha ragione.
La nonna terrona diventa la tua seconda mamma, la baby-sitter che tutti desidererebbero, la tua ancora di salvezza - soprattutto se hai fame -, la tua banca che ti passa di tanto in tanto la famigerata "mazzetta" in stile pusher, per non farsi notare. 

Cibo.
Lavorando in un ristorante in stile fast food, mi capita di imbattermi in intere famigliole che consumano lì il loro pranzo domenicale. E mi sento quasi fortunata ad essere, nei geni, una terrona. Perchè ricordo mia nonna o mia zia o anche mia madre svegliarsi presto di domenica mattina per preparare dei piatti succulenti, di quelli che si cucinano quando si ha tempo ed in occasioni speciali. La domenica, per esempio, è un'occasione speciale, perchè nessuno avrà altri impegni, si è tutti insieme, dal primo al dolce. E non c'è nulla che possa essere definito "fast": andiamo piano, con calma. Durante lunghi pranzi attendiamo anche quaranta minuti prima di servire il resto, per digerire e gustarlo meglio. Ci piace così, mangiare "slowly". Quando passo per i tavoli chiedendo loro se il cibo è di loro gradimento, il più delle volte mi rispondono che quel pezzo di pollo cucinato sulla griglia e delle patatite imbevute di olio da motore sono semplicemente deliziosi. Io faccio un respiro e mi trattengo. Se non lo facessi mi ritroverei a gettargli in viso il piatto e a far arrivare mia nonna con il teletrasporto, con una parmigiana di sette chili, dopo aver fritto una decina di chili di melanzane per l'intera mattinata. Con una pasta al forno croccante in superficie, ma morbida all'interno, perchè accompagnata da ragù e da uno strato di mozzarella filante catalogata fra le sette meraviglie del Mondo. 

Caffè.
Per chi vive al Sud, ma soprattutto nel territorio partenopeo, l'andare a prendere un caffè non equivale necessariamente a berne una tazza. Il caffè può diventare una birra, un aperitivo, un sandwich. E' un modo per intrattenersi tra una chiacchiera e l'altra quando si è in compagnia, l'unico che conosco per svegliarmi. "Sì ma l'English breakfast è più ricca". Per voi, finti radical chic, forse. Dite quello che volete ma, al mattino ci vuole caffeina. Caffeina vera, non acqua colorata di marrone, che poi, è un marrone manco tanto scuro. Non pancetta e uova, con quella ci faccio la carbonara per pranzo. Provatelo a spiegare alla nonna terrona. Vi guarderà con due occhi spalancati e magari vi dirà: "Bevi prima il latte con il caffè, mangia due fette biscottate, una fetta di panettone, questo te lo porti, se ti viene fame dopo, prima di pranzo".

Famiglie allargate.
Sembra quasi di vivere nella soap opera Beautiful, ma quello delle famiglie allargate è un dato che ci contraddistingue. La figlia della tua migliore amica diventerà tua nipote, pur non avendo con lei alcuna familiarità, amici di famiglia diventeranno i tuoi zii, il fidanzato di tua sorella diventerà il fratello maschio che non hai mai avuto, i tuoi amici saranno fratelli acquisiti, che chiameranno tua madre per nome e seguiranno in salotto il campionato di calcio con tuo padre. Quello che è mio, diventa anche tuo. Tutti una grande famiglia, ma nulla di perverso alla Brooke Logan. 

Mare.
Spostandoci in grandi metropoli, ci illuderemo di aver scoperto di essere affetti da metereopatia. Ci ammaliamo per il clima uggioso, per la pioggia, il vento e l'umidità. Non saremo metereopatici. Quella è mancanza di mare. Ogni tanto, lo ammetto, spero di girare l'angolo e di ritrovarmi su di un bagnoasciuga. Ogni tanto avremo il desiderio di vederlo, solo per gettarvi i pensieri che sembra svaniscano, per essere al cospetto di qualcosa che nonostante dicano sia infinito, non ci farà mai paura.



Mi chiamo Antonia, dicono di me che sono una brava ragazza. Mi manca la parmigiana di melanzane preperata con cura da mia nonna. Al mattino, per svegliarmi, bevo un espresso, di quelli belli forti. Ho un cognato-fratello, amiche-sorelle, amici di famiglia che chiamo zio e zia. Mi manca il mare, il suo profumo, la brezza che inumidisce la mia pelle. Sono una terrona, ma non amo gli orologi da braccio, per questa ragione non li indosso.