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domenica 21 agosto 2016

Dalla A alla Zeta

Pensavo che andare al supermercato da sola e mettere in tavola monoporzioni mi avrebbe fatto male.
Credevo che l'entusiasmo di imparare a cucinare qualcosa che andasse al di là di un piatto di pasta sarebbe gradualmente svanito.
Cosí come osservarmi dall'esterno tra le pareti bianche di una stanza a cui avrei dovuto regalare ancora una volta il mio profumo, i miei colori, in parte anche il mio nome.
E cosí come riempire gli spazi vuoti e silenziosi di musica, film, tanti libri.
Poi mi sono accorta che avevo fatto già tutto.
Sin dal momento in cui avevo deciso di muovere il mio primo passo.

Allora ho pensato a tutte quelle volte in cui mi convincevo dell'idea che se ci piace A non possiamo desiderare anche Zeta.
A tutte quelle volte in cui mi convincevo che A dovesse essere la mia vita per sempre.
E a tutte quelle in cui mi dicevo che Zeta sarebbe stato soltanto un desiderio inconscio che non sarebbe mai esploso, altrimenti avrebbe rovinato tutti i miei piani.

Poi ho realizzato che se la vita decide di prendere pieghe inaspettate sia un buon segno, perché significa che ti stai muovendo.
Che cucinare da sola non è poi così male, così come ripartire da pareti bianche su cui dipingere il tuo nome ancora una volta e riempire la solitudine di musica, film e tanta lettura.
Non immaginavo di stare bene, e forse addirittura felice.

Mi sono ricordata che tanto tempo fa avevo scelto A.
Ma non perché disdegnassi Zeta.
Credevo che A potesse sopperire a tutte le mie mancanze.
Immaginavo fosse la scelta giusta perché forse tutte le altre si erano sempre rivelate malsane.

Ma col tempo ho appurato che può accadere: di desiderare due cose diametricalmente opposte.
Di desiderare Zeta, pur restando in A.
Di convincerti che è con A che devi stare, pur immaginando che raggiungendo Zeta tu possa conoscere un'altra parte di te, quella a cui molto spesso non attribuiamo pari dignità soltanto per il suo essere qualcosa di inconscio. Ma esiste, é reale, é ciò che ci rende autentici.
La sfida sta nel cacciarlo fuori. Rischiare di essere felici, di avvicinarci a quell'essere donna o uomo cui abbiamo sempre immaginato di tendere.

C'é stato un momento in cui ho avvertito tutto il peso di quelle scelte fatte soltanto perchè sembravano giuste. Quel momento in cui ho assunto consapevolezza che avrei forse perso l'occasione di compiere scelte che non si collocavano in alcuna logica di giustizia, ma le avrei sentite, rumoreggiare nel mio stomaco come schegge impazzite.

Così ho capito che esiste anche un'altra opzione.
Che sia necessario trovarsi in A per accorgersi un giorno, per caso, di volersi invece tuffare in Zeta.
Che la vita ci pone dinanzi al confronto ripetutamente per lasciare a noi la facoltà di scegliere da che parte tendere, pur indicandoci quale sia la strada più appropriata, facendocela sentire già nostra.
Ma non ci regala consapevolezze, né il coraggio di scegliere.
Scoprire chi siamo spetta a noi, in cui maturare la facoltà di sentire il nostro battito cardiaco riveste un ruolo fondamentale.

Ho capito di desiderare Zeta da sempre.
E potevo scoprirlo soltanto vivendomi A, sino ad ossidarmi.
Sono questi i miracoli della vita.
Essere in grado di ascoltarla, anche quando tutto intorno a te appaia muto.






domenica 7 agosto 2016

Creatrice di momenti

Ho creduto per un attimo che questa città stesse diventando troppo grande.
Troppo per trattenermi senza che mi sgretolassi.
Troppo per le mie aspettative.
Troppo per ricostruire una dimensione dalle pareti morbide e schizzi di pittura colorata versati a caso.

L'ho pensato quando gli ero seduta di fronte, portandomi le dita alla bocca, come una bambina inesperta che si chiedeva come e da cosa potesse cominciare.

Ho per un attimo avallato una tesi che non mi è mai appartenuta fino in fondo.
Quella secondo cui le cose giuste arriveranno sempre al momento sbagliato, mentre le sbagliate sempre nel momento più propizio che ci renderà pronti ad afferrarle e a trattenerle, chi lo sa poi per quanto altro tempo ancora.

Poi mi sono ricordata di quanto fosse importante la parte che si svolge nella creazione di un momento.
Come un attore sul palcoscenico che dimentica il copione e deve andare avanti sperimentando l'arte dell'improvvisazione.
Quella intelligente, che stimoli, che mantenga l'attenzione di tutti. Quella in cui se sarai bravo abbastanza troverai un filo logico che metta in fila una serie di battute che ad un ritmo incalzante condurranno alla fine della storia, così come all'inizio di scoperte importanti: qualsiasi siano le condizioni, basta volerlo.

Ed è stato allora che l'ho capito.
Che avrei potuto scegliere di diventare una persona che non sente più niente.
Che si ciba di decisioni altrui per timore di prenderne di proprie.
Che di fronte ad un bivio si domanda quale sia la strada più comoda da seguire.
Che si racconterà un'altra storia.
Che fingerà di non ascoltare il rumore che ha dentro.

Ma ho scelto di diventare una creatrice di momenti.
Una di quelle che in un giorno di sole i cui raggi, filtrando attraverso i vetri della finestra, riescono a riscaldare l'ambiente, decide di spazzare via le foglie ingiallite per piantare nuovi semi.
Quando nessuno se lo sarebbe mai aspettato.
Quando tutti credevano non potesse mai accadere.

Perché quando lasci che un pensiero si insinui con prepotenza nella tua mente, sarà già fatta e toccherà a te porre rimedio, creando un momento.
Perché quando inizi, non potrai tornare indietro. Dovrai creare momenti che ti spingano in avanti.
E se avrai dei dubbi su quale sia la strada giusta da seguire, ascolta il rumore che hai dentro.
Sarà la via segnata dal tuo destino, forse.

Così, mentre ero intenta ad immaginarmi ancora troppo piccola ed inesperta, ho scoperto che questa città mi volesse far capire quanto grande fossi diventata e quanto ancora potessi esserlo.
Altrove.
Con un carillon sul comodino e le valigie sotto il letto.
Con delle tende retrò ed un lampadario improvvisato alla carlona.
Con delle candele aromatiche riposte sulle mensole.
Con tutta quella vita che mi porto sulle spalle.
E con quella che ancora riesco ad immaginare.
Con una casa da dover ricostruire, mattone su mattone.
Una di quelle meravigliose perché ci sarà dentro tutto quello che sento, che sono diventata e a cui non vorrò più rinunciare: il mio cuore.