Visualizzazione post con etichetta uomini. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta uomini. Mostra tutti i post

domenica 15 giugno 2014

L'intimità della scrittura.

Quando sono rientrata dopo il lavoro, la casa era affollata. Mi sono accomodata per il pranzo che ho terminato esattamente dopo 15 minuti. Avrei voluto chiacchierare, nella mia lingua, ma mi sono limitata ad ascoltare distrattamente i discorsi che altri facevano a voce alta, in una lingua diversa dalla mia, che non parlo, ma che comunque capisco. Dopo soli cinque minuti la mia attenzione è calata, ed ho smesso di stargli dietro. E' da giorni che ho la sensazione che stia nascondendo qualcosa persino a me stessa, qualcosa che nemmeno mi va di dire, e che mi fa essere perennemente stanca. Lui mi ha accennato un vago "come va?che hai", nemmeno troppo deciso. Ed io ho naturalmente risposto come ogni donna in questi casi: "No, niente, va tutto bene". Nonostante addirittura un cieco potrebbe accorgersene, lui, come tutti gli uomini sulla faccia della terra, quella risposta se l'è fatta bastare. Come gli è bastato un abbraccio, nemmeno troppo stretto. Purtroppo gli uomini proprio non ce la fanno, è nella loro natura deludere senza accorgersene e non osservare i dettagli, nonostante siano visibili. Ma a me, oggi, andava bene così. Perché la verità è che non volevo dire nulla. Perché so che il problema sono io. E' la mia testa, che non si ferma mai, lavora elaborando pensieri continuamente, bizzarri o inusuali, piccoli o grandi, leciti o proibiti.

E allora non mi resta che fare i conti con loro, scrivendo. 

E' da giorni che ci penso e sono arrivata alla conclusione che sia più semplice conoscermi leggendo ciò che scrivo, che non vivermi quotidianamente. Alla scrittura lascio i pensieri più intimi, come se mi spogliassi di fronte ad un uomo che mi desidera senza vergogna e prima guardassi il mio corpo nudo allo specchio. Come se tra la vocalità e la scrittura ci fosse un imbuto che mantiene tutte le scorie: il liquido lo faccio scorrere tutto nel bicchiere che trabocca, le prime le lascio alla parola. Come quando dico "non fa niente", nonostante "ci sia qualcosa", "va tutto bene" mentre invece scriverei "perché non mi chiedi cosa c'è che non va, anche se non sarei in grado forse di rispondere", "vado via" quando invece scriverei "vorrei restare con te, ma é meglio di no". Ho pensato a quando mi è capitato di leggere libri di cui mi innamoravo. Perché era come se attraverso la concatenazione di parole, verbi, congiunzioni ed avverbi, riuscissi a dare un volto ai personaggi. Ogni tanto immaginavo di sentirli e addirittura di capire le loro vicende. Perché nella scrittura c'è qualcosa di sorprendente: riesce a tirare fuori il pensiero, ad elaborarlo scegliendo le parole giuste, limitando gli eccessi, negando qualsiasi filtro e nel rileggerlo, avrai la sensazione di guardare dall'esterno qualcosa che ti appartiene, sentendoci dentro, in un distacco che in fondo, è più sano. Ma ciò che amo di più della scrittura è che quasi inconsciamente ti costringe a dire la verità, come se guardassi la tua immagine riflessa a cui non puoi mentire.

Allora pensavo a chi mi vive tutti i giorni, pensando di conoscermi abbastanza, nonostante non legga niente di ciò che scriva. E a chi, non mi segue nel quotidiano, ma continua ad entrare nella mia intimità silenziosamente, guardandomi riporre i vestiti sulla sedia, senza alcuna pressione, lasciandomi fare. 

E ho pensato che al mondo esistono due tipologie di persone: quelle che si accontentano della crosta, dura o spinosa che sia, e quelli che invece vanno oltre ciò che il suono della parola vuol pronunciare, incuriositi da ciò che la superficie nasconde, entrandoti dentro, senza nemmeno far troppo rumore.

Non sei tu ad imporlo, sono loro a scegliere da che parte stare.


venerdì 21 marzo 2014

L'uomo che spazzava via le briciole.

L'altro giorno percorrevo la strada che faccio di solito, sempre con immancabile fretta, quando mi è capitato di rivolgere lo sguardo ad una coppia di anziani seduti dietro ad un bancone di un fast food.
L'uomo scrollava con delicatezza le briciole cadute sulle gambe della donna, reggendo nell'altra mano dei tovaglioli, pulendole il viso mentre mangiava.
E allora ho pensato alle due categorie di uomini esistenti su questa Terra: quelli che lanciano a te patate bollenti, da tenere nelle mani mentre pian piano la tua pelle si brucia, costringendoti, prima o poi, a farle cadere come l'ennesima palla di cristallo che si frantuma sul pavimento, e quelli che invece con premura e sottile tenerezza, si addossano il compito di spazzare via le briciole, di persone vuote, di carezze mancate, di un passato di solitudine, lasciando che tu stia lì semplicemente a guardare.

L'altro giorno lui è arrivato con un pacco pesante, chiedendomi di aprirlo. Dentro c'era una macchina del caffè. Ho sempre ricevuto scarpe, borse o qualsiasi altro accessorio che, si sa, fanno sempre felice una donna. Ma lui, con l'ingenuità di un bambino mi ha detto che poichè mi lamento della ciofeca che in Inghilterra propinano come caffè, avrei potuto adesso preparare in pochi minuti un espresso, come facevo di solito a casa mia.
Ogni tanto, quando sto male, mi prepara dei piatti genuini, caldi, di quelli che mi avrebbe preparato mia madre.
I primi tempi, chiesi timidamente di fare una doccia, perchè dovevo lavorare e andavo di fretta. Mi ha preso un accappatoio dicendomi di non averlo mai usato, e che potevo lasciarlo in bagno perchè sarebbe stato mio da quel momento. E lì ho pensato ad un'altra sottocategoria di uomini: quelli che aprono gli armadi, facendoti entrare negli abiti della loro vita, e chi, non appena osi lasciare il tuo spazzolino nel bagno, lascia sull'uscio della porta le tue valigie, perchè è l'uomo del ognuno-i-suoi-spazi, dell' andiamo-con-calma, del ho-ancora-lo-scheletro-della-mia-ex-sotto-il-letto, del non-ho-tempo, del non-ho-voglia-di-cose-serie-adesso-ma-solo-pensare-alla-mia-vita.

Litighiamo spesso perchè non siamo perfetti. Ma il punto è che l'amore non chiede di esserlo. Spazza briciole, per costruire edifici in cemento armato, con tante porte e finestre di ogni misura, da cui entrare quando fuori piove, ed uscire solo se si vuole, solo se fuori c'è una bella giornata di sole, insieme, o anche da soli. Non conosce nessuna dimensione spaziale o temporale, non ascolta il tempo, non guarda al passato e la generosità è una sua appendice.

Ho ricevuto così tante patate bollenti tra le mani, che mi ero illusa di poter diventare un'esperta nel mantenerle, nonostante la pelle bruciasse. Ma oggi capisco che non vi è cosa più umiliante di scottarsi per qualcosa di bollente solo per l'involucro, ma all'interno freddo, vuoto. E ho capito che questo è un sentimento solo per donne fiere, e per uomini che sanno osare, per quelli che non giocano con la vita, ma rendono la vita il gioco più emozionante che ci sia.

Quando sono triste mi dice sempre: "Everything is gonna be fine, Antonia". Ed io lo credo.