martedì 3 marzo 2015

Come se scattassi una fotografia

Si avvicina la mia ventiseiesima primavera. La mia seconda a Londra.
L'altro giorno, mentre le mie ginocchia si poggiavano su di una incontaminata distesa di verde, il vento soffiava ed io riuscivo a sentirne il rumore ed anche il silenzio in quello stesso istante in cui frenava la  sua forza motrice, di rami, foglie ingiallite ed erba fresca.

Se fossi stata seduta ancora un po' credo mi avrebbe detto di restare. Ma io, dopo poco, sono andata via. Ma non ho voluto dimenticare.

Credo che questa città porti a farlo. Lascia che la tua mente renda i contorni di un passato appena trascorso sempre più sbiaditi sino a perderli in uno spazio buio dalle pareti di cartone. Lo fa, spesso senza volerlo, con le cose, le circostanze, le persone. Ce ne dimentichiamo, e andiamo avanti.

Io di questo ne ho sempre avuto il terrore. E non per quell'angusta paranoia di voler essere ancorata al passato, ma perchè ho sempre creduto che il verbo dimenticare serbasse in seno un significato triste, che non mi è mai appartenuto sino in fondo. Per questo non lo so fare.

Consapevole di questa mia incapacità e di quanto il farlo da parte di altri mi procurasse timore, ogni tanto ho bisogno di sentirmelo dire. Qualche volta, di fronte l'essere inerme di chi avevo di fronte, ho addirittura chiesto se ne stesse valutando l'eventualità. La risposta talvolta è stata mai, altre invece più sincera.  Perché in fondo noi che nutriamo questa fobia, siamo i primi a saperlo: dimenticare è umano, quasi quanto il non farlo.

Anche io ci ho provato. Ho cercato di plasmarmi alle consuetudini di questa città. Sono salita su un treno a vapore, promettendomi che per me non ci sarebbero state fermate se non l'ultima, quella che desideravo ardentemente ed il motivo stesso che mi ha portato a salire.

Ma non ci sono riuscita. Sono scesa, ad ogni stazione. E lì mi sono fermata. Per poco, per tanto o troppo. Vi ho ridisegnato i contorni, rendendoli simili a come li cercassi. A volte sono stati loro a rendere me simile a loro. Poi, ad un certo punto, sentivo il fischio di un treno in partenza. Scattavo una fotografia e la poggiavo tra le pagine del libro che stavo leggendo per rendere il viaggio meno noioso. Ogni tanto la guardavo. Prima di scendere alla fermata successiva e scattarne un'altra, quella che si sarebbe sovrapposta a quella precedente.

Non pensavo di averne avute così tante da guardare. Ma ancora lo faccio, ogni tanto, per paura di dimenticare.

Perché sono fatta così. Arrivo a destinazione ed intanto pianifico un'altra meta, un altro viaggio, tante altre fotografie.

Ma è la nostra vita, anche se rappresenta il nostro passato.

Io non mi dimentico, di niente. Salgo su un treno a vapore e lascio che il paesaggio cambi attraverso i vetri di un finestrino aperto a metà, bagnato ogni tanto da qualche schizzo di pioggia che ci ricorda di come spesso anche la natura può apparire ai nostri occhi imperfetta.

Ma non lo sarà, mai. Perché ogni fermata ci avvicina alla persona che scegliamo di essere. Sono giuste, tutte.

Se le mie ginocchia fossero ancora su quell'immensa distesa incontaminata di verde, il vento, nel suo silenzio, mi avrebbe invogliato a restare. Io ho scattato una fotografia e poi sono andata via, per iniziare la mia ventiseiesima primavera.

lunedì 2 febbraio 2015

Per essere migliori

Ho sempre creduto che gli obiettivi, di qualsiasi natura si tratti, fossero la parte più importante nella vita di una persona. Perché ti dicono dove vuoi andare e chi sogni di diventare, ma soprattutto chi sei.
Li seguirai, allungando la mano pronta ad afferrare quanto seminato, o talvolta sembrerá come tu stessi afferrando quella che poi si rivelerá la tua solita immagine riflessa in uno stagno.
Ci saranno sempre svariate ragioni che ti porteranno a perderli di vista, ma ne ce ne sará sempre una che ti permetterá di recuperarli, se sono quelli giusti.

Ma credo che il primo obiettivo, al di lá di quanti ne possano esistere nella propria sfera lavorativa e personale, sia cercare di essere una persona migliore. Per nessuno, se non soltanto per se stessi. Quando ci si ama, funziona così: non si é mai troppo pretenziosi nei propri confronti.

Sono forse ancora troppo giovane per comprendere quando avvertiamo che sia giunto il momento in cui si diventa la persona migliore che volevamo diventare. O forse, semplicemente, non si smette mai di imparare e di essere migliori di quanto lo si fosse il mese precedente.
Lo si puó essere anche sbagliando. Anzi, talvolta i nostri sbagli si riveleranno la nostra parte migliore. In tal caso, non é detto che lo sia stato.

A volte idolatreremo un modello da seguire e sará quello per tutta la vita. Altre volte ne cambieremo tanti, assorbendo tutto quello che c'é di positivo da assorbire. Altre ancora non ne avremo, e allora ce ne costruiremo uno da soli. 
Ancora molto spesso capita, forse, di fare il percorso inverso: scovare un modello pessimo ai nostri occhi e cercare di distanziarcene quanto più possibile. Se il nostro modello avrebbe scelto il bianco, noi opteremo per il nero, sempre, in ogni caso.

Ed é qui che forse perdiamo di vista il nostro obiettivo. Non é la nostra una corsa a far del bene per dimostrare di essere diversi, ma un percorso lungo ed impervio, in cui non si corre né ci é dovuto dimostrare alcunché, ove l'unica prerogativa deve essere sempre la stessa: non bisogna aver paura di essere felici.

É il solo modo che conosco per vivere la propria vita, e non quella di qualcun altro.

Ammetto di essermi persa tante volte. A volte lo facevo di proposito, per quella voglia matta che susseguiva di sentirmi tutta intera. Altre, invece, l'ho fatto ed é stato proprio nel perdermi che ho ritrovato me stessa. Ma ancora più spesso in quella me stessa non ho avuto il coraggio di restare, trovando come alibi il fatto che nessuno in fondo me l'avesse chiesto, né che sarebbe stato con me.

Ma questo forse é lo sbaglio piú grande di cui possa macchiarsi un essere umano: rendere i propri obiettivi funzionali ad altre persone. Questi non dovranno mai congiungersi, altrimenti si riveleranno inevitabilmente deludenti. Dovremmo guardarci allo specchio e decidere chi essere ed esserlo poi per davvero, indipendentemente da ció che gli altri si aspettino.

Perché chi ti vuole davvero ti prende subito, non permette che tu possa diventare di qualcun altro.
Tutto il resto é un'orribile scusa, che non potremmo nemmeno perder del tempo ad ascoltare.
Ma tu non prenderti la briga di insegnare loro com'é se si fa per vivere la propria vita distruggendo i loro cattivi ideali. 
Si dice che chi sa fa, chi non sa insegna. Allora, comincialo a fare, solo per te stesso.




giovedì 29 gennaio 2015

Dove ognuno resta lí, perché é lí che scegliamo di farli stare

L'altro giorno sono entrata in una libreria. Era da tanto che non ci mettevo piede. Troppo impegnata a fare dell'altro, così da aver ridotto all'osso uno dei miei principali piaceri.
Ho comprato cinque libri. Tutti diversi. Nessuno me li aveva consigliati, ho creduto soltanto, con un pizzico di presunzione, forse, di essere capace di selezionarne i migliori anche da sola.

Era da tanto che non annusavo il profumo della carta. Quello che ti sale sin dentro le narici facendoti sentire una persona appagata. 

Ogni volta che apro la prima pagina di un libro qualunque che abbia scelto di cominciare, é come se, insieme a quei personaggi, stessi iniziando qualcosa anche io, sebbene resti ferma a sfogliarne le pagine tra il rumore della gente,   in un vagone della metropolitana o su di un autobus, magari accanto al finestrino, con lo sguardo rivolto altrove. Ed é forse per questo che ne ho comprati cinque. Per averne abbastanza. Per potermici catapultare dentro come fossi una delle protagoniste. Per poter essere partecipe di ogni vicenda che non fosse la mia, saggiare ogni tenero aforisma che diventa, inevitabilmente, la storia della mia vita, come se un libro sia in grado di dirmi esattamente quello che ho bisogno di sentire. O almeno, é quello che mi piace pensare.

Pian piano mi innamoro dei personaggi. Mi piacciono, alcuni. Altri meno. Non provo alcuna forma di indifferenza per nessuno di loro: se l'autore li ha messi lí, é proprio lí che devono stare. Come se ciascuno, seppure in maniera marginale, fosse funzionale per la vita dell'altro. Non mi sento ostacolata da nessun giudizio avventato, piuttosto dalla voglia di scoprire come andrá a finire. E tutto sommato mi piaceranno tutti. A loro modo, diventerá un unico prodotto su cui esprimere un giudizio personale, ma mai assoluto.

Ed é proprio mentre leggo che ogni tanto mi assale la paura. Quella che si prova, forse, quando si diventa adulti: quella di non essere in grado di amare più in senso assoluto. 
Perché da grandi impariamo a tessere su tela tutti gli sbagli ed i difetti. A farci carico di giudizi altrui, soltanto per la smania di piacere. Viviamo nel lungo termine. Dissacriamo l'infinito. Distruggiamo gli attimi. Ogni occasione diventerá non un motivo per rimetterci in gioco, ma un subdolo gioco che la vita ci piazza davanti per scombinarci i programmi. 

Sembreranno tutti meno intelligenti. Tutti che daranno qualcosa di sé per riceverne altrettanto in cambio. Sará una danza muta, in cui se é vero che ad ogni causa corrisponda un effetto, ci tratterremo su un filo di spago da cui sia proibito scendere perché si avrá paura delle conseguenze.

A volte ho paura che quando diventiamo adulti scegliamo di vivere con maggiori consapevolezze e che queste, a loro volta, ci rivelino una realtá spietata. Non quella che evitavamo di vedere prima, ma quella in cui mancavamo degli strumenti giusti per poterla comprendere. 
Ed é per questo che ogni tanto, leggendo, apprezzo il piacere di riapprodare lí, immaginando come vorrei che invece fosse.

Lí, dove ci innamoriamo dei personaggi nonostante i loro difetti. Dove non tesseremo su tela soltanto gli sbagli, ma anche le nostre vittorie. Dove ognuno resta lí, perché é lí che noi scegliamo di farli stare.

lunedì 29 dicembre 2014

Che in questo 2015 possiate ...

Se dovessi dare un nome alla scelta che fra tutte è stata la più difficile nella mia vita, direi che sia stato proprio quel momento in cui ho capito che non avrei mai più potuto fare a meno di scrivere.
Paradossalmente, ammettere a me stessa che da grande avrei voluto seguire questa strada e che la mia mente non concepiva un’altra via possibile a questa, è stato più duro di spogliarsi di anni di studi per pulire stoviglie e servire clienti maleducati.
A volte lo diventa, quando un impulso naturale nei confronti di qualcosa diventa al tempo stesso desiderio e peccato.
Non ne conosco il motivo. Forse per questa mia innata mania di erigere a debolezze i miei punti di forza. Forse sì, è questa paura di mostrarsi al mondo. A me questo un tempo mi avrebbe fatto più paura di ritrovarmi nel buio di una foresta inseguita da un branco di leoni.

Non so poi cos’è successo. Forse ho semplicemente capito che il torto più cruento che possiamo infliggerci è quell'insana convinzione di non meritare la felicità. Forse, ho semplicemente capito che non potevo avere paura per sempre, rischiando che la vita mi passasse davanti non riuscendo mai ad acchiapparla per la gola e decidere da sola dove andare.

Ogni tanto penso a quel momento, a quell'attimo di vita così vera ed intensa che mi ha fatto diventare grande due volte: come donna e come essere umano. Come donna che non teme le sue paure, come essere umano che trova il coraggio per affrontarle. Ci ripenso, ogni tanto, quando mi trovo davanti a scelte infelici, a fili di lana raggomitolati in attesa di essere sciolti, quando faccio il contrario di ciò che dico, e dico il contrario di ciò che penso. Quando avverto di essere tornata indietro nel tempo, comportandomi né come donna, né come essere umano, perché la verità è che non si finisce mai con l'avere paura, né si ha mai abbastanza coraggio per affrontare le proprie ossessioni.

Ed è questo che vi auguro per il nuovo anno: di essere più donne o più uomini, ma al di sopra di ogni cosa, più vicini all'essere umano.

Non innamoratevi delle persone. Innamoratevi delle vostre idee. E' l'unico modo per restare eterni e sentirvi infiniti anche quando la terra sotto i piedi vi sembra tremi e non ci sia appiglio alcuno ove potervi reggere. Le persone finiscono. Con l'amarvi, il desiderarvi, il volervi al loro fianco. Fingono, vi deludono, o vi rigettano. Le idee non lo fanno mai. Saranno le uniche in grado di portarvi in alto, senza aver bisogno di nessuna approvazione, se non della vostra mente che pianifica, del vostro cuore che le faccia diventare sempre più grandi.

Non fate diventare sassi pietre preziose, né gioielli scomodi sassolini infilatisi in una delle vostre scarpe. Sappiate misurare con sapienza ciò che vale ed individuare con audacia le scorie.

Se quello che state aspettando tarda ad arrivare, andatevelo a prendere. Sì, aprite la porta e smettete di aspettare. E se il vostro tentativo si rivelerà insignificante, optate per strade alternative, mai la stessa da cui siete partiti.

Non aspettate che qualcuno dica o faccia esattamente ciò che avreste voluto sentire o vedere. Questo succede solo nei film dal finale strappalacrime, dove loro due si rendono conto di aver avuto sempre gli stessi pensieri, cominciando a dar peso ai dettagli, a valorizzare ogni coincidenza che li abbia condotti a viaggiare sullo stesso binario. Ma questo non è un film, ma la vita vera. Ed in questa vita le persone hanno paura di mostrarsi fragili, di dire la verità, di guardarsi negli occhi. Ed hanno pregiudizi e si inventano storie. Tu non aspettare che facciano esattamente ciò che pensi, dovesse anche essere il tuo primo pensiero appena sveglia e l'ultimo prima di porre la testa sul cuscino. Fai un respiro profondo e pensa a cosa vorresti sentirti dire, senza girarci troppo intorno. Fai un altro respiro e parla tu. Dillo tu. Perché altrimenti non ci sarà mai modo di uscirne. E se anche di fronte le tue mezze verità il finale non accenna a cambiare, mastica tutto ed ingoialo. Non sentirti stupida, né impotente, né piccola. Sentiti solo più forte, più grande, più bella. Perché lo sarai.

Impara a piangere e a ridere più forte che puoi, ad eccedere sempre nelle tue emozioni, non privartene, mai. Non convincerti di star male, né di essere felice. Regala uno spazio anche ai tuoi stati d'animo attuali senza troppe finzioni: è l'unico modo per entrare a contatto con la propria anima e porre se stessi sul piedistallo, come priorità imprescindibile.

Apri la porta di casa e scopri il mondo. Tuffati nel mare della vita come fossi piombo, pronto a immergerti e a catapultarti nella profondità del suo fondale. Impara a risalire come fossi olio, ponendoti al di sopra della superficie dell'acqua marina, dissipandoti come tante goccioline che trovano spazio qualsiasi sia la grandezza.

Amati, come fossi quell'uomo o quella donna che da sempre attendi ti bussi alla porta per chiederti di entrare. Anzi di più. Come fossi la proiezione di quella parte di te che chiede ascolto, che implora carezze, quella che chiede di essere presa per mano ed andare. Ascoltati, accarezzati, vai, da sola. Quella con noi stessi è l'unica storia d'amore che dura in eterno, degna di essere vissuta sino allo sfinimento del cuore.

Amate non chi vi ama, ma chi mentre vi guarda vi spoglia di ogni incertezza, solo chi alla fine vi aspetta ed intanto resta.

Trova la pace. Non significa porsi a distanza d'emergenza, fare tanti chilometri, abbandonare tutto, cambiare posti. Significa distanziarsi dal sentimento di paura e di insoddisfazione, lasciar scorrere ciò che ci fa essere dannati ed inquieti, cambiare il nostro approccio nei confronti delle cose, delle persone, della vita intera.

Praticate le buone maniere senza mai dimenticare di adottare gesti di smisurata gentilezza innanzitutto verso voi stessi. Siate gentili, con il vostro corpo, il vostro spirito, la vostra mente, ed anche con il vostro cuore. Prendetevene cura, portando avanti i vostri obiettivi qualsiasi sia il sacrificio cui sottostare, qualunque l'entità del prezzo da pagare. Assecondando il cuore ovunque scelga di andare, anche quando sceglierà strade impervie e dal selciato sterrato.

Non raccontatevi scuse per giustificare le vostre non-azioni. Non credete alle scuse che vi raccontano per giustificare chi resta inerme. Chi vuole qualcosa ad un certo punto scoppia e deve uscire per andarselo a prendere. Non sarà mai troppo tardi, né il momento sbagliato. Ci sarà una voglia che supera ogni montagna di scuse, ogni muro di parole eretto per tenersi in equilibrio. Ma ad un certo punto si cade, su un tappeto di gomma su cui vi si affonda o vi si rimbalza. Non ve le raccontate, né credeteci voi che ascoltate. Quella è un'altra vita, in cui implicitamente vi viene chiesto di starne fuori. Uscite, a testa alta, chiudendo il sipario, tra gli applausi di chi vi ha riconosciuto un certo valore.

E non credete nemmeno a chi vi dice che quello che state progettando sia impossibile. Basta crederci con estrema convinzione, a volte aspettare il proprio turno con indicibile pazienza. Il tempo e la vita vi ricompenseranno.

Non abbiate paura di lasciare, perché é vero ciò che si dice in giro, che quello che conta non ci lascia mai. Rimarrà con noi, sempre, in questa vita ed anche in quella successiva.

Sbagliate. E non per raccontarvi la storia del chi sbaglia impara. Imparerete, forse, o molto probabilmente no. Sbagliate perchè alla fine della vostra vita i vostri errori vi si appiccicheranno addosso, come cicatrici irremovibili. Più ne avrete, più avrete vissuto. E più avrete vissuto, meno rimpiangerete.

Abbiate il coraggio di vivere la vostra vita, non quella di qualcun' altro, né quella di chi pretende di decidere per voi. La vostra, in cui tutto sarà dettato dal vostro cuore, a partire dal dove per finire al con chi, senza pregiudizi, né rimpianti o paure, ma solo con quella voglia matta di vivere, vivere ancora.

Che nel nuovo anno possiate essere donne o uomini, ma al di sopra di ogni cosa, più esseri umani.

Non é mai troppo tardi o troppo presto, non si é mai troppo giovani o troppo vecchi per cominciare.

lunedì 8 dicembre 2014

Vieni via con me

Ogni tanto mi capita, quelle tre, quattro volte l'anno, di pensare a quello che ero appena un anno fa. Questa volta ho dato la colpa alle luci natalizie, all'aria sempre più fredda, ai colori, il verde ed il rosso, che predominano nelle vetrine dei negozi su cui è quasi impossibile non farci cascare lo sguardo.
Forse perché è Dicembre e pensavo a quello dello scorso anno, quando ad un certo punto mi è arrivato un messaggio che ha cambiato la mia vita: "Il tuo libro è stato pubblicato ed è in vendita."

Non sono diventata una scrittrice, né ricca. Sono semplicemente diventata più consapevole, ho semplicemente posto una linea di demarcazione fra ciò che ero e ciò che volevo invece essere sin da quel momento. Ho semplicemente imparato a non avere paura, delle scelte, delle mie emozioni. 

E pensavo a quel febbraio, quando decisi di scrivere, tutto d'un fiato, tra le pareti della mia stanza. Perché mentre ero intenta a porre fine ad un importante capitolo della mia vita, intanto ne stavo scrivendo un altro, senza nemmeno accorgermene. Perché le cose belle, quelle che hanno come iniziale la A di amore, intrise di una disarmante passione, quelle che la tua mente sarebbe capace di riprodurre per ore disegnandovi persino i contorni, sono esattamente così.

Quel mattino di febbraio non mi sono svegliata con l'intenzione di scrivere un romanzo. Quel mattino volevo semplicemente scrivere. E non mi sono imposta di farmi salire nessuna ispirazione, è lei che mi cercata, mi ha trovata, ed alla fine mi ha presa. Mi ha detto: "Tu vieni con me, lascia tutto ciò che stai facendo, non ti dannare. Vieni con me e lascia che ti porti su strade mai calpestate per farti vivere la storia d'amore più bella mai creata, ignara persino alla tua più fervida delle immaginazioni."
Ci siamo scelte, a vicenda. E l'abbiamo fatto ancor prima di capire come sarebbe andata a finire, ancor prima di scriverne un inizio.
E non ho delineato alcuna trama. Come nella vita di tutti i giorni, è stata lei a prendere forma con il susseguirsi delle circostanze. Ed ogni tanto cambiava, ed io l'assecondavo. Non ho nemmeno scelto i miei personaggi. Sono stati loro ad imporsi, quasi con prepotenza, come se chiedessero che io li ascoltassi. Ed alla fine l'ho fatto, ed era come se vivessi insieme a loro quelle vicende, perché, in realtà, quelle persone erano vere. Le avevo incontrate, in una vita passata, nemmeno troppo lontana.



Sono di botto ricascata in quella mia innata mania: ordinare i pensieri attraverso la scrittura, dare loro il posto che meritavano perché noi siamo soprattutto i nostri pensieri. Non volevo lasciare che nascessero e morissero soli, volevo dar loro una vita degna di essere vissuta. Ed alla fine ce l'ho fatta e non ho avuto paura di lasciare che altri li condivissero. Ed è questa, forse, una delle manifestazioni più forti di me stessa mai sperimentate. Quelle da dare a noi stessi, anche quelle tre, quattro volte l'anno, come possibilità per crescere e scoprire quello che siamo, al di là dei consensi, al di là di ciò che altri possano o meno pensare.

E pensavo quanto, in fondo, questa piccola opera, sia semplicemente una metafora di quello che vorrei fosse la mia vita, quanto questo sia in fondo il messaggio latente di quelle duecento pagine scritte. 

Tu un mattino ti svegli, l'aria è così fredda che nemmeno un cappuccino bollente sarà in grado di riscaldarti. Non hai intenzione di ordinare pensieri, né di intraprendere imprese che rendano il tuo ego più forte. Hai solo voglia di fare qualcosa che renda le tue giornate più dolci, quelle priorità di cui non dovremmo mai dimenticarci: emozionarci. E non ti imponi di farlo, né con chi. Lui o lei ti prende, come pagine di un romanzo di cui non riesci ad interromperne la lettura, perché è a tratti indecifrabile, ma c'è una forza che ti spinge a voltare pagina, ogni volta, per capire cosa succederà dopo. Non lo cerchi, non te lo imponi, a volte pensi che nemmeno in fondo lo vuoi. Ma lui o lei lo fa per te e non ti lascia modalità di scelta. Ti cerca, ti trova e alla fine ti prende. Ti dice: "Vieni con me, adesso". E tu dimentichi tutto il resto, o semplicemente, decidi che è ora di fare ordine nelle tue priorità e poni te in cima alla lista. Vi scegliete, l'un l'altro, senza necessariamente pianificare il tragitto, ancor prima di cominciare a calpestarlo. Non sarai più costretto ad immaginare, ma scriverai quella vita, quella che esattamente vuoi. Non pianificherai il come, né il quando, né il perché inizierà. Come nella vita di tutti i giorni, prenderà forma man mano dentro di te sino ad esplodere fuori. E cambierà, tante volte, e tu l'asseconderai. E vivrai, così, come una rondine che migra verso posti caldi, non perché tema il gelido freddo invernale, ma lo soffre, come la più angusta delle privazioni.

E' così che tutto dovrebbe essere: semplice ed irriverente.

Forse dobbiamo solo aspettare che il coraggio ci prenda e ci dica di seguirlo. 
Forse dobbiamo solo imparare a non avere paura.
A dare ai nostri pensieri una vita degna di essere vissuta, forse.
Ad imparare a dire o anche ad urlare per farci sentire: "vieni via con me, per favore."

E' l'emozione più bella che un essere umano possa provare sulla sua pelle.

Io sto aspettando di riprovarla, ancora.

lunedì 10 novembre 2014

Amore sui binari.

La sveglia è suonata molto presto. Ho preparato velocemente un caffè, chiuso la porta di casa per percorrere il solito tragitto, accompagnata da un pizzico di ansia per ogni scalino che scendevo.


Sono arrivata alla stazione più tardi del previsto, ma sono stata abbastanza fortunata nel trovare un posto a sedere proprio accanto al finestrino. E proprio mentre ero intenta nell'osservare i cambiamenti del paesaggio attraverso i vetri, salgono sul vagone un uomo ed una donna, prendendo posto proprio accanto a me.

Lui la guardava come fosse un'oasi nel bel mezzo di un deserto. Non le staccava gli occhi di dosso, con quel suo sguardo denso di tenerezza e passione, come quello di chi avrebbe voluto tenerla stretta al suo petto. Lei sorrideva, toccandosi ogni tanto i capelli, sorseggiando il caffé che reggeva tra le mani, e lui intanto la seguiva in ogni suo gesto, come chi non avrebbe voluto gettarla tra le lenzuola spogliandola impetuosamente, ma era lei a spogliare lui di ogni sua debolezza.

Credevo si trattasse di una coppia di fidanzati, di quelli che hanno cominciato ad uscire da poco tempo, conoscendosi a mala pena, avendo ancora una voglia matta di scoprirsi in ogni singolo dettaglio. Gli occhi di quell'uomo raccontavano di una di quelle storie meravigliose, in cui c'è lei che gli fa il bucato, e lui che le prepara il caffé appena svegli.

I due sono scesi alla mia stessa fermata, dove ad attenderli c'era un altro uomo. Quest'ultimo ha dato alla donna un bacio sulla guancia e le ha preso la mano, trattenendola a sé per tutto il percorso. Mi è stato chiaro solo ad allora che non si trattava altro che amici, presumibilmente colleghi di lavoro, che hanno condiviso uno spazio in cui senza toccarsi si legavano a vicenda come gomitoli di lana. Ma ad un certo punto, al richiamo della fermata, sono dovuti scendere e quell'idillio che avevo seguito come la più accattivante delle soap opera è svanito.

Ed è allora che ho pensato a quanto spesso ci facciamo del male, volendo celare l'evidenza senza mai affrontarla. Alla nostra disattenzione, alla nostra mancanza nel cogliere i dettagli. Perché ognuno di noi, da qualche parte, avrà qualcuno che seguirà con quello stesso sguardo i nostri gesti, qualcuno che ci guarderà come fossimo la più amabile delle creature.
Ma sarà sempre troppo tardi, o troppo presto.
Sarà sempre per la solita ragione: perché a volte l'amore fa paura o, semplicemente, forse, non ce ne è abbastanza.

Ed allora ci si separa, lasciandoci cullare dal dubbio su come sarebbe andata a finire se non fossimo scesi alla nostra fermata. Perché a volte è più difficile ammettere che se non è stato, è perché in fondo non abbiamo voluto. Almeno, non abbastanza.



giovedì 16 ottobre 2014

Fin quando ci sarà qualcuno che scrive, non ci sentiremo mai soli.

Stasera la pioggia ancora una volta ha bagnato le strade ed io ho pensato che forse potevo usufruire di questo spazio che racconta di me, di parte della mia vita. Credo racconti di segreti che a volte faccio fatica a raccontare persino a me stessa. Credo sia la pioggia a sortire questo strano effetto.

Lavoro tanto, dormo poco, ho sempre meno tempo per me. Ho iniziato esperienze che sino ad un mese fa non credevo possibili. Scrivo in due lingue, ho scadenze, faccio un programma in radio. Rispondo ad e-mail di persone sconosciute che si riconoscono in ciò che scrivo. Incastro appuntamenti, vinco la mia insicurezza, rivolgo domande senza aver paura di eventuali risposte negative. Mi piace. Mi fa sentire viva, quasi un'oasi in mezzo al deserto.

C'è una parte di me che sa sempre ciò che vuole e lo trattiene a denti stretti. Quella che si libera come un soffione trascinato dalla forza del vento, che danzerebbe nell'aria anche quando la musica è terminata. 

Magari accadesse lo stesso per quell'altra parte, quella che teme le scelte, i cambiamenti, i cicli e a volte anche le persone.
Ce ne è una che lascia scegliere non perché confidi nelle scelte altrui, ma perché teme di farlo. E allora si accontenta di ciò che ottiene nonostante desidererebbe l'esatto opposto.
Ce ne è una che lascia andare perché forse è tardi per chiedere di restare, nonostante, forse, non l'abbia nemmeno mai chiesto.
Un'altra che attua cambiamenti progressivi, facendo un passo alla volta, senza mai allontanarsi troppo dal punto di partenza. 
C'è una parte che vede persone andare via e nonostante ti piacerebbe seguirle, rimani dove sei.
C'è quella parte che ancora fa fatica ad abituarsi a certi ritmi spietatamente veloci e a rapporti fugaci, che teme di chiudere cicli, perché forse in fondo nemmeno lo vorrebbe così tanto.

Perché la verità é che se non sentiamo ciò che si ha dentro, finiremo per farci lo sgambetto da soli. 

Allora scrivo, per colmare le distanze. Per avere la sensazione di essere in equilibrio quando si sta per cadere.

Perché forse è vero quello che si dice in giro: "fin quando ci sarà qualcuno che scrive, non ci sentiremo mai soli."

Io lo faccio, per me stessa.